Carlo Calenda, leader di Azione, oscilla tra centrodestra e centrosinistra in vista delle elezioni comunali di Milano 2027.
Nel panorama politico italiano, il centro è spesso considerato un punto di equilibrio, ma anche una posizione ambigua. Carlo Calenda, leader di Azione, ha sempre sostenuto di voler rimanere indipendente dai due poli, e lo ribadisce: “Azione rimane dove è sempre stata, cioè al centro”.

Le Marche: un banco di prova per la coerenza politica
Ma l’apparente coerenza ideologica si scontra con le decisioni tattiche. In vista delle elezioni comunali di Milano del 2027, Calenda ha avviato una vera e propria trattativa pubblica: “Serve un profilo manageriale e civico, per continuare nel solco di Beppe Sala, come Carlo Cottarelli per esempio”. E se questo non dovesse accadere? “E dall’altra parte, spuntasse un profilo come quello dell’ex rettore del Politecnico Ferruccio Resta allora il nostro elettorato avrebbe un grande problema a seguire il centrosinistra”.
Nel frattempo, Forza Italia tende la mano. “Sorte ha detto una cosa interessante – non si schermisce Calenda –. Prima bisogna capire chi metterà in campo il centrosinistra perché se davvero fosse il dem Pierfrancesco Majorino per noi sarebbe difficile”. La motivazione? “A Milano il tema sicurezza è gigantesco, non c’è spazio per tentennamenti e ideologie: la gente ha paura”.
Anche nelle Marche, in vista delle Regionali di settembre, Calenda non si risparmia. Nessun accordo col centrodestra, ma critiche forti al centrosinistra: “Si è astenuto sul piano di riarmo Ue, per i nostri valori è una posizione inaccettabile”, riferendosi al candidato dem Matteo Ricci.
E rincara la dose: “È andato dai Verdi a dire che non farà il termovalorizzatore, di cui c’è invece una vitale necessità”. Infine, il colpo di grazia: “Sono un centro per l’inutile proliferazione di partecipate e di consenso, talvolta clientelare. In un contesto del genere il voto d’opinione è scomparso e si rischia un’affluenza del 35-40 per cento”.
Una strategia a geometria variabile
Le dichiarazioni e le scelte di Calenda confermano una strategia a geometria variabile, con aperture tattiche a entrambi gli schieramenti. Il fine è chiaro: superare la marginalità elettorale del suo partito. Ma il prezzo potrebbe essere alto in termini di coerenza e fiducia dell’elettorato.